Elaborato
Parole: bianche / nere / virgolettate

 

Realizzare tre fotografie che illustrino tre diverse parole. L'una rappresentata in senso letterale, la seconda all'opposto, la terza "per modo di dire".
Le parole possono essere trovate a caso in una rivista e scelte fra categorie semplici (sostantivi concreti e verbi), complesse (aggettivi) o impegnative (sostantivi astratti e avverbi).
Se è facile capire quale sia l'immagine da associare "letteralmente" a una parola, un po' meno istintivo è illustrare l'opposto di una parola: perché gli opposti di una parola sono molti (basterà provare).
Molto meno intuitivo, invece, è illustrare una parola "per modo di dire". Facciamo un esempio semplice: la foto di una donna anziana con la didascalia "bambina": una foto del genere può farmi comprendere qualcosa del carattere associabile a quel volto (o a quei gesti), o magari mi fa pensare che quella persona ha, in sé, un'identità profonda che travalica il tempo.

 


Alcuni esempi:

Andrea Aversa
1° master 2013-14
Scuola Romana di Fotografia
sedile (non) infermiera "pianificato"

Marco Graziani
1° master 2013-14
Scuola Romana di Fotografia
sangue (non) felice "ostia"

Valentina Moro
1° master 2013-14
Scuola Romana di Fotografia
argento (non) cestino "ciglio"



  • L'elaborato è semplice e pratico: si prende una rivista o un libro (attenzione alla scelta perché influenza i termini che si possono trovare!) e, senza guardare, si apre una pagina a caso e vi si punta il dito. Ripetere per tre volte. Banale no? Bisogna sempre provare ad usare quelle che càpitano e accettare la scelta del caso senza barare.
  • Di norma poche parole sono davvero inutilizzabili. Lo sono, ad esempio, alcune voci verbali (ad es. "prendono"): in questo caso o si riprova o si volge all'infinito; coi nomi propri o di oggetti specifici occorre effettuare una nuova scelta a meno che non si riesca a darne una versione interessante, non so: un nome come "Napoleone" è quasi un concetto e la si può, ad esempio, far diventare parola nera accanto alla foto di un tizio tutto raggomitolato su se stesso.
  • Delle prime due parole trovate sceglieremo noi quale sarà quella bianca (da illustrare letteralmente) e quale la nera (da illustrare al suo opposto). Non si dovrà illustrare due volte la stessa parola, ma sceglierne una per la bianca e un'altra per la nera. La terza parola estratta sarà indiscutibilmente da fare tra virgolette.
  • Le parole dovranno sempre essere viste accanto alla fotografia (sopra, sotto, a fianco, ma mai dentro). Conta, cioè, l'effetto trasformativo che ha la parola a contatto con l'immagine. Dal momento che la parola è e non va indovinata, ci si può anche prendere qualche licenza e giocare per allusione, oppure mostrando una parte di un tutto garantito dalla didascalia (faccio un paio di esempi: mostrare un'unghia quando la parola è dito, o solo la barba di un uomo etc.)
  • Nel caso della parola nera occorre preporre un (non) davanti alla parola così che l'osservatore sappia immediatamente che l'illustrazione ribalterà le sue aspettative; ugualmente la parola vigolettata andrà... tra due "coppie di apici".

  • Questo elaborato è nato nelle scuole professionali di fotografia dove i ragazzi devono, presto o tardi, misurarsi con un committente che − senza che loro possano sceglierlo − darà loro qualche concetto da visualizzare, qualche modello negativo da aggirare. Le immagini quindi introducono l'autore fotografico alle complesse interazioni immagine/testo. Alle complicità e alle contraddizioni fondamentali nella nostra cultura e sulle quali si struttura l'intero apparato retorico della comunicazione visiva, sia essa commerciale, informativa, educativa, ricreativa etc.
  • Serve ad apprendere come farsi forti della presenza del testo, ad usarlo e a giocarci insieme e contro. Serve a non farsi sorprendere dalle radicali trasformazioni che avvengono quando l'immagine che hai creato, prodotto con cura e nella quale hai inserito tutto lo stile e la grazia di cui sei capace, viene svisata, alterata, violentata dalla didascalia sbagliata, dal commento erroneo, dal titolo a sensazione.
  • Illustrando la parola bianca si dovrebbe di realizzarne una visualizzazione in modo letterale, ma intelligente: non banale, qualitativamente elevato (qui va pure bene la ricerca della bella foto), perfino ammiccante. Mai però tale da rendere incerto lo spettatore sul rapporto di identità tra il termine e l'immagine.
  • Realizzando la parola nera, al contrario, tutti i mezzi son buoni: si può decidere di illustrare il contrario della parola nel suo significato primario (l'immagine di una bella donna vicino al termine "brutta") o il contrario di un suo significato traslato (la foto di un piatto di pasta vicino alla parola "secondo"); si può creare perfino una specie di battuta sfruttando il fatto che la struttura logica della parola nera è: "quest'immagine è l'opposto di questa parola". La fotografia di una persona che legge una rivista di gossip con la didascalia "pensiero" è un perfetto esempio di parola nera!
  • Le virgolette dovrebbero sensibilizzare all'uso dell'intelligenza per arrivare a comunicare il senso giusto tramite − diciamo − "giri di parole" per immagini. Spesso per visualizzare una parola in un suo modo di dire si ricorre a delle accezioni oblique o estese, a dei traslati. Ci vuole equilibrio per evitare barocchismi e, chiamiamoli così, sbrodolamenti. Per spiegare in che senso − e con qunta libertà − si può agire, rimando agli esempi qui sopra.