RIDUZIONI: Un album di famiglia |
Sintesi e riduzione non sono sinonimi, né tutto ciò che è essenziale suona minimal. Per ridurre non basta togliere orpelli: il motto "Less is more" implica che quel poco che resta porti sulle sue spalle tutto e più di quel che prima spettava all'arte tradizionale, con i suoi segni, le sue materie, i suoi codici. Eliminare il superfluo può anche significare concentrazione sull'essenziale, autocostrizione, disciplina e "danza in catene" (per dirla col nietzschiano Caillois).
Paul Cézanne, Case sulla collina, 1904
Inedita e drastica riduzione di colori e forme rispetto ai loro analoghi naturali. Un quadro non è fatto di foglie, carne o mattoni, ma è una zona nella quale il pittore articola le variabili che egli stesso ha scelto. Questo dispositivo sintetico riesce a includere nella textura stessa del quadro la dimensione mentale dell'autore, sfuggendo alla piatta imitazione di natura.
Tutto è - in arte specialmente - teoria sviluppata e applicata a contatto con la natura
(...) trattare la natura secondo il cilindro, la sfera, il cono, il tutto posto in prospettiva
Penetrare ciò che si ha davanti, e perseverare nell'esprimersi il più logicamente possibile
Ciò che dovete giungere a possedere è un buon metodo di costruzione
Pablo Picasso, Il poeta, 1911
L'opera rinuncia alla prospettiva e al chiaroscuro (il quadro è una superficie), al disegno curvilineo e alla policromia (il quadro è una struttura di segni), all'unitarietà dell'immagine. I frammenti di memoria, anche se tratti dalla natura, sono compressi entro le coordinate del quadro mettendo quest'ultimo in rapporto preferenziale con la sua concezione mentale più che visiva.
Tutti sappiamo che l'arte non è la verità (...) Mi piacerebbe conoscere uno che abbia visto un'opera d'arte naturale (...) Con l'arte esprimiamo la concezione di ciò che la natura non è (...) Dal punto di vista dell'arte non ci sono forme concrete o astratte, ma solamente forme, le quali non sono che bugie convincenti
Un quadro è una somma di distruzioni
Marcel Duchamp, Scolabottiglie, 1914
Come scriverà Beckett: "Quel che non serve, via". Via la pittura-scultura, via il compiacimento estetico, via i materiali canonici dell'arte - sostituiti da oggetti trovati - via l'asservimento ai valori del sistema dell'arte, incluso quello dell'avanguardia. Quel che rimane è un groviglio di rimandi nascosti sotto le apparenze di banalità. L'opera penetra negli interstizi della quotidianità creando pensieri nuovi.
Ridurre, ridurre, ridurre era la mia ossessione (...) volevo allontanarmi dall'atto fisico della pittura (...) mi interessavo alle idee (...) ecco la direzione che deve prendere l'arte: espressione intellettuale piuttosto che espressione animale. Ne ho abbastanza dell'espressione "fesso come un pittore"
Voglio chiarire bene un punto: la scelta dei ready-mades non mi è stata dettata da qualche dilettazione estetica. Quella scelta era fondata su una reazione di indifferenza visiva unita al tempo stesso con una totale assenza di buono o cattivo gusto... in effetti un'anestesia completa
Piet Mondrian, Composizione in Rosso, Nero, Blu, Giallo e Grigio, 1920
Meno di quel che metterà Mondrian dal 1914 al 1944, in un quadro non si era mai messo: i tre colori primari più i noncolori, e le rette ortogonali. Quantità, posizione e relazione dei segni: tutte le variabili, millimetriche, sono articolate in modo da risultare ogni volta in armonioso equilibrio fra loro e con l'area-quadro sulla quale sono organizzate. Tutto risponde a una logica serrata, a un alfabeto coerente, totalmente essenzializzato.
Nelle forme naturalistiche, nel colore naturalistico, e nella linea naturalistica le relazioni plastiche restano celate. per essere espresse plasticamente in un certo modo, le relazioni vanno espresse solo con la linea e il colore (...) esprimere plasticamente la linea e il colore significa stabilire opposizioni attraverso la linea e il colore
La logica chiede che l'arte sia l'espressione plastica del nostro essere totale: quindi deve anche essere l'apparenza plastica del nonindividuale (...) l'espressione diretta dell'universale in noi - che è l'esatta apparenza dell'universale fuori di noi
Kazimir Malevich, Quadrato nero suprematista, 1913
Solo resta un quadrato nero su fondo bianco. Non è nichilismo, ma la scelta di andare verso la qualità e lontano dalla quantità. Lontano dalla superficialità della figurazione, come riproduzione esteriore, e verso il rapporto filosofico col colore: esattamente come ci si perde nell'infinita luce divina del fondo oro nelle icone bizantine.
Il Suprematismo non è interessato a cose, oggetti etc. (...) Il sistema è costruito in tempo e spazio, indipendentemente da qualsiasi considerazione estetica sul bello, esperienza o emozione, ma piuttosto come un sistema filosofico del colore (...) è il semaforo della luce nel suo abisso infinito
Analizzando una tela vi vediamo prima di tutto una finestra attraverso la quale scopriamo la vita. La tela suprematista rappresenta lo spazio bianco e non quello azzurro (...) l'azzurro non fornisce un'idea reale dell'infinito (...) l'infinito bianco suprematista permette al raggio della vista di procedere senza incontrare un limite
Joseph Albers, Hommage to the square, 1951
Il modulo, le sue varianti logiche, esattezza matematica nei rapporti di forma e colore: 25 anni di ricerca come omaggio ininterrotto al pensiero. Dalla tradizione Bauhaus, di cui Albers fu maestro, l'astrazione concretista passa nel secondo dopoguerra in America dove darà frutti generosi. In particolare l'attenzione alle quantità diverrà enfasi sulle qualità cromatiche, la precisione della superficie spatolata metterà enfasi sul processo e la materia, l'illusione di profondità muterà in effetto ambientale della luce-colore. Formazioni importanti nell'espandersi dell'arte astratto-geometrica sono Cercle et Carré prima, Abstraction-Creation poi e non per ultimo il concretismo italiano, dal 1935 in avanti.
L'arte è spirito e solo la sua qualità spirituale dà all'arte un posto importante nella vita
Per me il colore è moto (...) Porre due colori uno di fianco all'altro mi eccita davvero. Respirano insieme.E' come un battito (...) Mi piace prendere un colore debole e renderlo ricco e bello solo lavorando sui suoi colori vicini
Quando hai capito quanto cambia un colore al variare del suo contorno forse allora comprendi di aver appreso qualcosa sulla vita oltrechÈ sul colore
Ad Reinhardt, Painting, 1950
Articolazione geometrica, contrasto luministico, piacere della pittura: nessuna di queste variabili è annullata, ma tutto è spostato dai confini tradizionali; arretrato sulle soglie della sparizione, dove per percepire alcunché lo sguardo deve acuirsi e farsi ipersensibile. Sono invece volutamente annullati gli elementi spettacolari della pittura: sia la manualità che le implicazioni narrativo-simboliche e la composizione come scenografia.
L'unica cosa da dire sull'arte è che è una cosa sola. L'arte è arte-in-quanto-arte e ogni altra cosa è qualunque altra cosa (...) L'unico modo di dire cosa sia l'arte astratta ovvero l'arte-in-quanto-arte, sta nel dire ciò che essa non è (...) L'unico standard in arte sta nell'unicità e nella precisione, nell'esattezza e nella purezza, astrazione ed evanescenza. L'unica cosa da dire sull'arte è la sua mancanza di respiro, assenza di vita, immortalità, mancanza di senso, rinuncia alla forma, nonspazialità ed eternità
Lucio Fontana, Concetto spaziale - Attese, 1962
Un gesto che è anche un segno, è quanto basta per raccontare il pensiero che si traduce nel lavoro della mano: la materia che plasma, lo spazio che articola, il movimento che induce, la luce che qualifica lo spazio e l'infinito cui rinvia. Artista ancipite, protagonista dell'Informale e causa prima del suo superamento, Fontana mostra che più di quel che usa non serve. Un segno inconfondibile, costruito e simbolico, coerente con una ricerca iniziata trent'anni prima, ma camuffatosi da gesto banale: Duchamp non aveva fatto di meno. Da non dimenticare che attorno alla sua figura si coagula l'astrazione concretista italiana.
Allo stile decorativo subentrano ritmi e volumi: Alla statica la libertà di costruire indipendentemente dalle leggi di gravità (...) Si va formando una nuova estetica, forme luminose attraverso gli spazi. Movimento colore, tempo e spazio i concetti della nuova arte
Le opere che facevo nel '46 non le ho mai chiamate quadri, ma fin dall'inizio le ho chiamate "concetti spaziali" e questo perché per me la pittura sta tutta nell'idea
Ellsworth Kelly, Green and black, 1968
Color Field, Hard Edge, Post-painterly Abstraction, fra inizi '50 e '60 varie etichette raggruppano molti artisti americani, tra i quali B. Newman, E. Kelly, F. Stella, K. Noland, R. Ryman e altri. In modi molto diversi - più o meno pittorici - l'intento comune è quello di seguire la linea Malevich-Reinhardt, conferendo all'oggetto-opera pittorica una sua vita fatta di materiali, di textura, di colore, perimetro, estrusione nello spazio. La forma non è contenuta nel quadro, è il quadro. Così mentale e antimimetica l'opera naturalmente si appoggia alla logica delle geometrie semplici.
Una sera, avevo dodici anni, passando davanti a una finestra illuminata, rimasi affascinato da alcune forme rosse, blu e nere all'interno della stanza. Quando però mi accostai per vedere più da vicino vidi un divanetto rosso, un tendaggio blu e una tavola nera. Le forme erano sparite. Dovetti indietreggiare per ritrovarle di nuovo
Piero Manzoni, Socle du monde, 1961
L'opera si faccia da sé. La fatica di rappresentare il mondo si risparmia esibendo il mondo stesso in scala 1:1. Basta porgli un piedistallo come base e lasciarlo lì dov'è, galleggiante nell'universo. Similmente tutta l'opera di Manzoni tende a zero. Ironia e metalinguaggio in un continuo e coerente esperimento di azzeramento dell'effusività informale a favore delle implicazioni concettuali dell'opera. Oltre a Manzoni, in Europa operano, fra gli altri: Y. Klein, V. Agnetti, H. Darboven, D. Buren, G. Paolini, etc.
(...) non riesco a capire i pittori che, pur pur dicendosi interessati ai problemi moderni, si pongono a tutt'oggi di fronte al quadro come se questo fosse una superficie de riempire di colori e di forme (...) Perché non liberare questa superficie? Perché non cercare di scoprire il significato illimitato di uno spazio totale, in una luce pura ed assoluta? (...) Non si tratta di formare, non si tratta di articolar messaggi... Non c'è nulla da dire: c'è solo da essere, c'è solo da vivere
Joseph Kosuth, A four color sentence, 1966
L'opera d'arte viene ridotta alla sua fase ideativa. L'esecuzione considerata una pratica secondaria. Garantito dagli illustri precedenti, il concettualismo storico più che una riduzione o una sintesi, decide di accettare una perdita: quella della dimensione estetica, separata dall'essenza mentale dell'arte. Oltre a Kosuth, S. LeWitt, R. Barry, L. Weiner, M. Bochner e altri portano avanti la ricerca americana, contestualizzando l'opera d'arte come definizione logico-verbale.
Le considerazioni estetiche sono in realtà sempre estranee alla funzione o "ragion d'essere" di un oggetto. A meno che, ovviamente, la "ragione d'essere" di tale oggetto non sia di natura puramente estetica (...) Con il Ready-made l'arte spostava il proprio obiettivo dalla forma del linguaggio a quanto veniva detto. Il Ready-made mutò la natura dell'arte da una questione di morfologia a una questione di funzione (...) le opere d'arte sono proposizioni analitiche. Vale a dire, viste dentro il loro contesto - in quanto arte - non forniscono informazioni di alcun genere su dati concreti (...) l'arte è vera a priori (esattamente quanto Judd intende quando afferma "se qualcuno la chiama arte, è arte"
Donald Judd, senza titolo, 1969
La Minimal Art è sicuramente un analogo plastico della logica: entrambe indagano e mettono in evidenza i fondamenti, gli elementari di ogni possibile ulteriore costruzione. Partendo dalla mania per la specificità, tipica del modernismo americano, Judd supera l'individualismo espressionista, isolando forme semplici, tridimensionali, poco articolate, e identificandovi l'opera d'arte. Con tensione, ma senza sovraccarichi emotivi, sottintesi o allusioni: né pittura né scultura o meglio: entrambe. La Minimal ha molte province e molti artefici fra cui R. Morris, D. Flavin, C. Andre, R. Serra e altri.
Più di metà dei migliori lavori negli anni appena trascorsi non è stata né di pittura né di scultura (...) Il disinteresse in pittura e scultura è il disinteresse a ripeterle una volta ancora (...) I nuovi lavori sembrano più scultura che pittura ma si avvicinano di più a quest'ultima (...) Non è necessario che in un lavoro ci sia una gran quantità di cose da osservare, da comparare, da analizzare per parti, da contemplare. La cosa nel suo insieme, la sua qualità come un tutto, è ciò che risulta interessante
Richard Long, A line made by walking, 1967
La voglia di elementarità sconfina nel rapporto stesso fra segno e contesto culturale. La cosiddetta Land-Art realizza azioni, a volte ciclopiche, ambientate in luoghi lontani da ogni pubblico, documentate perlopiù fotograficamente: azioni e forme basilari ma tutt'altro che semplici, in linea quindi con le premesse minimal-concettuali. Oltre agli europei Long e A. Fulton, è in America, dove gli spazi naturali si prestano a simili interventi, che operano fra gli altri D. Oppenheim e R. Smithson.
Linee di polvere - Smuovere a calci una linea di polvere ogni giorno lungo la linea del cammino - Una camminata di 7 giorni sulla riva est del Rio Grande - El Camino Real New Mexico 1995
AA.VV., "Le Monochrome", in Artstudio, n. 16, Paris, printemps 1990
In questo album di famiglia con didascalie sono presentate - sinteticamente appunto - alcune fra le tappe storiche nella essenzializzazione dell'opera d'arte partendo da alcuni di quelli che hanno inteso l'arte contemporanea come sperimentazione sul linguaggio-arte e finendo coi maestri di generazioni ancora attive.
Attenzione, però: la coerenza e le somiglianze possono essere messe in luce o contraddette confrontando opere e commenti con gli estratti da testi degli artisti riprodotti.
Lo speciale modo di ognuno di essi di dichiarare il proprio interesse per un modello di riduzione o di sintesi piuttosto che un altro, ci aiuta a capire che la complessità è all'opera anche nella semplificazione, che il molteplice brulica sotto la pelle diafana dello Zero.
(Paul Cezanne, lettera a Charles Camoin, 1903)
(Paul Cezanne, lettera a Emile Bernard, maggio 1904)
(Paul Cezanne, lettera a Emile Bernard, aprile 1904)
(Paul Cezanne, lettera a Charles Camoin, 1904)
(Pablo Picasso, intervista con Marius De Zayas, 1923)
(Pablo Picasso, da un articolo su "Cahiers d'Art", 1935)
(Marcel Duchamp, intervista con James Johnson Sweeney, 1946)
(Marcel Duchamp, "A propos des 'Ready-mades'", 1961)
(Piet Mondrian, "Dialogo sulla Nuova Plastica", 1919)
(Piet Mondrian, "Neo-Plasticismo", 1920)
(Kazimir Malevich, "Arte non-oggettiva e Suprematismo", 1919)
(Kazimir Malevich, "Suprematismo", 1920)
(Josef Albers, "A Note on the Arts in Education", 1936)
(Josef Albers, statements vari)
(Ad Reinhardt, "Art as art", 1962)
(Lucio Fontana, "Manifesto tecnico dello Spazialismo", 1951)
(Lucio Fontana, da un'intervista del 1967)
(Ellsworth Kelly, da un'intervista del 1980)
(Piero Manzoni, "Libera dimensione", 1960)
(Joseph Kosuth, "Art after Philosophy", 1969)
(Donald Judd, "Specific Objects", 1965)
Alternative ed equivalenti - Una camminata di quattro giorni sul Dartmoor - O camminare piano - O camminare tortuosamente - O camminare dritto - O camminare veloce - Inghilterra 1996
(Richard Long, testi impaginati per lavori fotografici, 1995-1996)
Spunti bibliografici
AA.VV., "Objecthood and Reductivism" e "Attitudes to Form", in Charles Harrison and Paul Wood (ed.) Art in Theory 1900-1990 (1992), Oxford UK-Malden Mass., 1998, pp. 803-892
Massimo Carboni, Il sublime è ora (1993), Castelvecchi, Roma, 1998
Germano Celant, Precronistoria 1966-69, Centro Di, Firenze, 1976
Mario Codognato ed Ester Cohen (cura), (Ecosì via) (And so on) - 99 artisti della collezione Marzona, cat., Westzone Publishing, s.l., 2000
Joseph Kosuth, L'arte dopo la filosofia (1969), Costa & Nolan, genova, 1987
Filiberto Menna, La linea analitica dell'arte moderna (1975), Einaudi, Torino, 1983
Ermanno Migliorini, Conceptual art (1971), Il Fiorino, Firenze, 1979
Barbara Rose, American painting (1969), Skira-Rizzoli, Geneva-New York, 1986
Dora Vallier, L'art abstraite, Librairie Generale FranÁaise, Paris, 1967
Marisa Volpi, "Arte Minimal e Concettuale", ad vocem, in Enciclopedia Universale dell'Arte, Firenze, 1978
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