Paola Levi Montalcini vista dagli scaffali della sua biblioteca

...un'immaginazione che unisce il delirio del matematico alla ragione del poeta.
(Raymond Queneau su Raymond Roussel, in Segni , cifre e lettere, nell'introduzione di I. Calvino all'ed. italiana, Einaudi, 1981, p. X)

Paola Levi Montalcini
Spazi concentrati o diffusi
morsura su lastra di rame
1973

Tengo il biografismo un po' in disparte nello strumentario col quale mi avvicino all'opera d'arte, anche se so bene che l'opera contemporanea è contessuta di contingenza e che, oltre ad ammiccare all'eterno, segretamente o meno, essa costituisce anche il sintomo o l'impronta digitale della libertà del proprio autore rispetto a un milieu. Sia reale che virtuale, l'autore stesso potrebbe non essere che una "funzione" di un testo - stando a Foucault e Barthes - un testo animato e riempito di senso dalle generazioni e tipologie dei suoi lettori e dislettori. Gli pseudonimi, i nomi collettivi e i testi no-copyright tolgono sempre più peso alla ricostruzione biografica per quel tipo di autore senza corpo; un autore di cui si sono occupati spesso Borges o Perec. Proprio Paola Levi Montalcini, pur essendo stata un'artista esistente - a lungo e intensamente, con una modestia, si disse, assolutamente non incline all'insicurezza - non somiglia tuttavia a personaggi vissuti, ma a un protagonista Borgesiano. Sotto quest'insegna procede dunque questa mia ricerca di indizi sul lavoro di Paola Levi, da dentro la sua babelica biblioteca: un'artista che si crea non uno pseudonimo quanto un'identità di aumentata densità unendo, come la sua celebre gemella, il cognome materno a quello del padre.
Aliena ai salotti ma non alle tendenze, assorbite attraverso studi assidui, abbondanti ed eterogenee letture, la sua crescente distanza dall'arena dell'arte, massima da quando si trasferì a Roma abbandonando la pittura e dedicandosi ad immagini di opposta natura, ha corrisposto alla sua inappartenenza alle frange combattenti della militanza, ma certo non a una distrazione dai suoi problemi e dai suoi dibattiti vissuti piuttosto attraverso saggi e testi, ma sempre "in tempo reale". Paola, riservatamente aggiornatissima, dovette questa sua assenza alla sua indole, più che a una premeditata voglia di cancellazione: certo dev'esser stata una scelta ponderatamente istintiva come, si direbbe, la gran parte delle sue scelte.

Assidua, dicevamo, alle vernici delle mostre ma estranea alla carboneria delle neoavanguardie; spettatrice curiosa, intellettuale onnivora, Paola ovviamente sviluppa interesse per amicizie intellettuali: sia artisti come Cremona o Galvano che critici come Dorfles ma soprattutto Argan, costante nel convalidarne il rilievo e al quale la legava qualcosa che sfiora la devozione (nei sottolineatissimi testi arganiani posseduti da Paola sono conservati ritagli ed eco della stampa concernenti l'autore e le sue posizioni). Un sodalizio, quest'ultimo, in parte mediato dall'amico Albino Galvano, artista e scrittore organico al MAC torinese, conosciuto nell'accademia di Casorati in via Galliari a Torino, e che di Argan era stato compagno di studi (Di Genova 1986, p. 98 e Fagiolo Dell'Arco 1993, p. 137). L'acquisto di opere della Levi Montalcini da parte di Palma Bucarelli per la Galleria Nazionale d'Arte Moderna può ad esempio trovare riscontro nella funzione di suo "consulente" svolta da Argan.
Tornando agli scaffali, dove ho messo mano a volumi dopo decenni di paziente e solido invecchiamento, il fondo è di tali qualità, vastità e latitudine culturale da rendere inutile tentarne qui alcuna mappatura; andranno perciò notate quelle presenze sintomatiche che, fra le altre, rivelino aspetti interessanti: ho già messo in luce, d'altronde, la paradossalità Borgesiana di una simile ricerca. E tuttavia la bibliofilia di Paola doveva essere ben nota a tutti se da New York la sorella Rita le inviava ogni sorta di testo o di catalogo e soprattutto se amici più o meno vicini le regalavano per la Befana o per Natale libri tutt'altro che di intrattenimento: saggi più che romanzi. D'altro canto è nota la passione di Paola per i mercati e per i librai (traggo diversi spunti dalle mie conversazioni con Piero Ientile che, col fratello Angelo, è stato per lunghi anni assistente di Paola a Roma): riusciva a comprare anche più copie dello stesso testo e magari non tutte in una volta - tuttavia il fondo quasi non presenta doppioni - e pur acquistando libri con voracia, con voracia poi li leggeva, conservandoli con cura.
Né bisogna però farsi trarre in inganno dalla semplice presenza dei testi, Paola andava ciclicamente a Parigi e ne tornava come un'ape con le zampine cariche di polline, come le scrive la sorella Rita in una lettera del 1967 (cfr. Cantico di una vita, p. 236). Molti acquisti parigini sono libri interessanti e importantissimi per l'intellettualità europea - forse suggestioni desunte da letture e conversazioni con amici critici - ma non "necessari" per Paola. Per così dire, le importava averli o sapere di averli in tempo utile per la loro verificabilità (v. il saggio sul suo Merleau-Ponty, di Lorella Scacco), ma in molti casi le pagine rilegate non sono nemmeno separate oppure, nel caso di testi meno vecchi, mancano le abbondantissime striscioline di carta segnalibro o magari le pagine non risultano sottolineate; Paola era infatti una assidua sottolineatrice e commentatrice.
Mancano, al contrario - o sono per ora occultati e presto emergeranno - alcuni testi che, come scriveva Paola, funzionavano da sostegno costante alla meditazione e alla riflessione: ahimé non trovo Wittgenstein che, a ben vedere, si lega ad alcune simpatie Art Nouveau e mitteleuropee di Cremona e Galvano; compare ma non abbonda Duchamp che, pur se centellinato, era per lei d'uso comune; dov'è più tutto l'Eliot che, stando alla frequenza e intensità con le quali amava citarlo, avrebbe dovuto presentarsi nell'opera omnia? Nella sua collezione de chevet, libri che ha tenuto in camera fino all'ultimo, ho da poco recuperato il suo Lautreamont e noto un tempestivo Queneau: la "difficile" Piccola cosmogonia portatile, mentre altrove, acquattata nella polvere ma mai disinnescata, sta l'edizione francese di B’tons, chiffres et lettres: il Queneau fondativo e patafisico che unisce il "delirio del matematico e la ragione del poeta". Alcuni testi storici, però invece, sono stati acquistati tardi, come ad esempio Kn di Belli comprato (o ricomprato?) fuori tempo massimo negli anni '80, o il testo di René Thom Parabole e catastrofi, acquistato (o ricevuto?) nell'edizione del 1980, molto dopo aver impostato il lavoro sulle curve cosiddette "catastrofiche" e anzi nell'anno stesso in cui il matematico Andrea Toschi - probabile suggeritore d'acquisto - identificava le curve matematiche rispondenti alle incisioni di Paola. Altri testi infine, cruciali in altri contesti, non sembrano o più semplicemente non possono aver prodotto conseguenze: così l'edizione originale 1939 dei Nuovi saggi di estetica del Croce - testo che ho ritrovato identico, ma intonso, rispetto alla copia appartenuta al filosofo Giovanni Gentile, proprietà universitaria - oppure l'edizione italiana originale 1967 di Contro l'interpretazione di Susan Sontag, cui Paola si accosta da curiosa simpatizzante: una frase citata, ma senza riferimenti, nel 1980 in un suo testo nel catalogo di Marcolino Gandini suona molto à la Sontag: "un po' di sapere, ma soprattutto più sapore possibile". D'altro canto Paola e la Sontag spartivano un annoso amore per le posizioni critiche di Oscar Wilde.

Giulio Carlo Argan e Paola Levi Montalcini a colloquio all'apertura della mostra presso lo Studio Farnese con P. Portoghesi e V. Gigliotti, Roma, 1969

Paola Levi Montalcini
tempera su carta dalla serie delle Lettere e Vasi
1954 c.a

Ma veniamo allo scavo. Come si sa Torino guarda sistematicamente a Parigi e per uscire da un forte isolamento culturale - che pure piace a tipi come De Chirico il quale proprio presentando la pittura di Paola definisce Torino "la più misteriosa città del mondo" - negli anni '50 l'ex-capitale sabauda continua a orientarsi sulla stessa stella polare, non riuscendo a vedere il trasloco newyorkese dell'epicentro artistico. Emblema di questa miopia il rifiuto - politico - della municipalità torinese di esporre a Palazzo Madama nel 1948 la collezione Peggy Guggenheim (Verzotti 1993, p. 149). Come rimarca Fagiolo Dell'Arco 1993 a p.132, appunto da Parigi giungono a Torino conferenzieri di altissimo profilo come, a puro titolo di esempio, Paul Eluard e Jean Cocteau; proprio di questi autori abbonda la comunque straricca biblioteca della Paola torinese, insieme a una cospicua serie di testi sul e del Surrealismo. L'edizione originale del 1953 di Journal d'un inconnu di Cocteau per i tipi parigini di Grasset è, ad esempio, un testo molto sottolineato nelle parti teoriche relative all'invenzione artistica che scarta dalle convenzioni e opera necessariamente "salti" della cui difficoltà per il pubblico l'artista non deve farsi carico.
Alcuni gioiellini numerati: la piccola copia n. 864 del Discorso sulla poesia di Paul Valéry, edito nel 1944 a cura di Carlo Cardazzo per le edizioni veneziane del Cavallino, con un ritratto di Valéry disegnato da Picasso. Sottolineatissimo nelle parti relative al rapporto fra imprecisione strumentale e sperimentalità dell'arte e insieme la sua strumentalizzazione di mezzi di precisione o di espressioni, diremmo noi, denotative. Varie pagine bianche sono piene di appunti e riflessioni di letteratura dantesca. Paola possedeva poi una copia numerata di Le Surrealisme en 1947, uscito in quello stesso anno per le edizioni Maeght di Parigi con incisioni originali di molti campioni del Surrealismo e con in copertina la riproduzione fotografica dell'opera-oggetto di Duchamp Prière de toucher che costituiva la copertura dell'edizione limitata. E ancora, molto Eluard, Butor, le più incredibili "chicche" Bretoniane, come la raccolta delle interviste radiofoniche ed altro. Interessante la presenza dell'edizione originale del volume di Max Ernst, Beyond Painting, Witterborn Schultz inc., New York, 1948, nella collana diretta da Robert Motherwell, testo forse inviatole da Rita, ma buon sostegno per un'idea, fruttuosa assai più tardi, di "organico-meccanico". » forse questa, formalmente, l'unica eredità surrealista raccolta da Paola che pure non concede praticamente mai, neppure nelle fasi più di transizione, alla voga surrealista se non nel primato di una gestualità comunque mai casuale. L'interesse tutto torinese per la Parigi surrealista segna però anche un suo margine di distacco critico rispetto alle posizioni arganiane, notoriamente sorde al nevralgico scandalo - per lui equivalente a un riflusso nell'immaginazione, engagé solo a parole - del movimento Bretoniano.
Da questa radice Paola sembra piuttosto prendere spunto per rompere, già fra tardi anni '40 e inizio dei '50 con la tradizione Casoratiana e poi concretista senza chiudersi nello stretto geometrismo del MAC e seguendo in questo precocemente la strada segnata dal vulcanico architetto Carlo Mollino, unico a possedere in tutta Italia i volumi di Minotaure e a farli vedere in giro (da una memoria di Albino Galvano cit. in Auneddu 1983, p. 100). Mollino le fu presentato nel '49 a casa di Casorati, con Mattia Moreni, (cfr. Auneddu 1983, p.96) dall'amico fraterno Italo Cremona (per questa amicizia cfr. il testo inedito Questo Novecento, nel quale sono riportati vividamente alcuni scambi fra i due).
Per Galvano e per la Levi Montalcini anzi si parla perfino di "Surrealismo astratto" (Poli 1983, p. 62, termine accolto dall'artista - v. le Lettere) ma credo che di Mollino interessasse alla Paola il fatto di essere architetto come il fratello più grande Gino che faceva coppia fissa con Giuseppe Pagano, il severo razionalista a sua volta ammiratore del Mollino (Gabetti e Isola 1993, p. 62). All'attività di Gino l'artista attinge intellettualmente ma di rimbalzo, tanto quanto alle competenze scientifiche della gemella Rita. Non c'è infatti eccesso di architettura nella biblioteca di Paola, non meno di quanto vi si trovi di argomento strettamente scientifico; mancano però quasi del tutto gli agganci all'epistemologia, ad esempio, e tuttavia non poco interesse emerge per il design o per gli aspetti figurali delle scienze. I fratelli forniscono insomma all'arte di Paola piuttosto dei motifs, ma quanti!

Vi è poi in lei un coté simbolista che emerge da un gran numero di libri: Walter Pater, molto Oscar Wilde - si diceva - ma che in realtà rimbalza alla Levi Montalcini sia dalla vicinanza intellettuale di Albino Galvano "studioso di Jung, del simbolismo francese e dell'arte Liberty" (Poli 1983, p. 62) come anche dall'anticonformismo di Italo Cremona. Amico di Savinio e autore di imprevedibili ripescaggi barocchi, simbolisti redoniani e Liberty (Auneddu 1983, p. 100), Cremona è anche co-fondatore, col vecchio sodale Mino Maccari, della poco più che invisibile rivistina Circolare Sinistra, edita a Torino fra 1955 e 56 (Fagiolo Dell'Arco 1993, p. 134) e di cui si possono trovare disseminati in diversi luoghi della biblioteca di Paola vari numeri incentrati su Lautreamont, Jarry o sul Surrealismo. Di là dall'antimodernismo fra Dechirichiano e strapaesano, oggi magari sanzionabile, Circolare Sinistra resta all'evidenza dei fatti una "fanzine", si direbbe oggi, di assoluta e totale contagiosità, nonché ricca di spunti inediti, come gli oggi notissimi prodromi informali di Gustave Moreau pur se affogati fra liriche di Nietzsche e monografie su Huysmans. Nel testo Questo Novecento (v.) Paola ricorda una paradigmatica boutade antimoderna di Cremona: "la donna che vedi su "Vogue" e "Bazar" è uscita dalla mente di Burne-Jones" e in lei i molti libri sull'arte classica, ma soprattutto su quella antica e primitiva, oltre all'interesse per i frammenti archeologici, rispondono alle riflessioni sull'atemporalità fomentate dal Cremona. La Paola - ancora imbevuta dell'analisi della sua pittura fatta da De Chirico nel 1939 - ancora all'inizio dei '60 descriveva il proprio lavoro nei termini di "magico e spettacolare" (Dorfles 1962, s.p.) definizione in cui è incluso ogni sviluppo futuro e ogni influsso passato.
Il Surrealismo in una non-surrealista curiosa non sorprende più della presenza di un buon numero di testi sulla musica da parte di un'artista per nulla incline ad essa, amante del teatro, invece, o di librettini sulla spiritualità da parte di una laica di origini ebraiche, e di opere sulla condizione della donna in una aderente a circoli moderati di cultura femminile laici - repubblicani - a Torino. E poi testi sul jazz, lunghe sottolineature negli articoli di compositori contemporanei sulle pagine de Il Marcatré soprattutto negli anni '60 - ricordo un vissutissimo articolo di Luigi Nono sulla "possibilità e necessità di un nuovo teatro musicale" ne Il Verri n. 9 del 1963. Molta insomma la riflessione sulle valenze plurimediali della musica e della scenica contemporanee. Interessatissima, pare, a riprendere verso la metà degli anni Settanta le inaspettate valenze introdotte da Cage nel suo concepire l'opera in equilibrio fra presenza e assenza (donde poi i titoli di una coppia di incisioni negli anni '70 - v. schede) e nell'operazione di reframing in lui centrale. Anzi il ricorso in sede di esergo (Levi Montalcini 1981) a Wittgenstein, a Duchamp ed al Cage Duchampiano ci aprirebbe spazi di ricontestualizzazione qui però impraticabili.

Gustave Moreau, "Fantasie"
dal n. 4-5 di Circolare Sinistra, Torino, 1955, p. 18

Spasmo esofageo prima e dopo la somministrazione di Buscopan, da Spasmolisi nel radiogramma, Boheringer, Ingelheim, post 1955, fig. 3a-b

Alcuni testi, poi, come il massiccio K. G. Clark, Ilford Manual of Positioning in Radiography del 1964, sembrerebbero volumi scientifici della sorella Rita, ma sono invece del tutto possesso di Paola. In particolare opere come uno Spasmolisi nel radiogramma, volumetto dei tardi anni '50 nel quale si considerano gli effetti del Buscopan stampando le radiografie su pellicole trasparenti, possono aver offerto spunti per lavori come i Montaggi su tela di pellicole trasparenti (una pagina è perfino tagliata e rimessa in loco). Testi simili convergono, insieme ad altri sulla poesia visiva straniera - come l'Hap Grieshaber, Poesia Typographica (1957) edizione numerata del 1962 edita dalla galleria Der Spiegel, Köln - e a cataloghi d'arte gestaltica e programmata, a esasperare gli elementi fra biomorfo e linguistico riducendo tutto a segno ipercontrastato: senza tonalismi, solo bianco e nero, sia esso un duodeno, sia esso un carattere tipografico. Ricca in questo senso la presenza di testi sulla comunicazione visiva del nostro secolo, come Graphic design: visual comparisons edito a Londra da Studio Books nel 1963 o il testo di Ernst Röttger e Dieter Klanter, Das Spiel mit den Bildelelementen - Punkt und Linie, Otto Maier Verlag, Ravensburg, 1964, che mette in chiaro per immagini l'origine Bauhaus dell'arte optical e gestaltica, nonché le tappe intermedie della derivazione da Klee del design svizzero. In quel libro oltre a potersi osservare i crossover fra alfabeti, segni astratti e immagini biomorfe, sono perfino prefigurati alcuni schemi compositivi dell'arte di Paola negli anni '60/70. Emergono poi a numerose monografie poderose su artisti e stili d'ogni secolo, vari testi sul cinema, la letteratura, il teatro, accanto a illustrazioni delle bizzarrie della natura (un Immagini strane della natura del 1951 edito dall'Ist. De Agostini, ad esempio, che non a caso apre con una nota epigrafe da Valéry: "Dipende da colui che passa, ch'io sia tomba o tesoro, ch'io parli o taccia").
Si può dire che se la Paola torinese amava molto la cultura letteraria che addensa la trama del visivo, a Roma l'artista si pone in una relazione quasi gestaltica con le sue fonti: si nutre d'immagine. Tant'è che l'arcana origine delle sue incisioni "catastrofiche" dove dominano queste curve elaborate (v. catalogo) si prefigura in un'illustrazione del testo Le dessin animé après Walt Disney, Pauvert, Paris, 1961 di Robert Benayoun (autore presente spesso nei volumi di Le Surrealisme mÍme, la rivista diretta da André Breton verso la metà degli anni '50 e di cui Paola possedeva vari interessantissimi numeri); in questo libro, oltre al cartoon figurativo si introducono nuove forme astratte di animazione e spunti originali come i rilievi stereoscopici e soprattutto i tracciati dei pendoli composti di Alexandre Alexeieff che letteralmente "sono" la generatrice delle curve nelle incisioni degli anni '70. E ancora, per appoggio alla genesi delle strutture cinetiche può essere stato non inutile l'Allan Plowman e Vhairi Pearson, Display Techniques, Blandford Press, 1966 che dice tutto o quasi sul rutilante mondo delle vetrine e del rapporto luce/trasparenze nella messa in pagina dei display pubblicitari.

Occorre infine ricordare, come fonti di aggiornamento, riflessione e spunto la collezione quasi completa di riviste come Il Marcatré, Il Verri e seleArte, quest'ultima - fondata nel 1952 da Carlo Ragghianti - si interroga, secondo le linee notoriamente tipiche di Ragghianti sul rapporto fra i mass-media e le arti, dichiarando di occuparsi di "Architettura, scultura, pittura, grafica, arti decorative e industriali e arti visive". Esempio della vastità di raggio di una rivista simile ne sia un numero del 1952 in cui sono analizzati i Plastici di Munari in rete di ottone (e vedremo le Reti di Paola molto più avanti), numero in cui, ancora, Max Bill spiega placidamente il suo concretismo e in cui compare un articolo del direttore appunto su "Radio e arti visive".
Molte le sottolineature nelle riviste, soprattutto sui testi di argomento strutturalista, in ascesa nei primissimi anni '60: così nel n. 14, 1964 de Il Verri dove Abraham Moles pubblica "Analisi delle strutture del linguaggio poetico ai diversi livelli della sensibilità - l'aspetto informazionale dei problemi di una poetica" o il n. 18 del 1964 dove è ospitata una "Introduzione al termine struttura" di Roger Bastide, oltre ai mille interventi dei fedelissimi di Anceschi.
Paola, da sempre approfondita conoscitrice di letteratura (molte le pagine di studio o commento tanto nei taccuini che sulle pagine bianche dei libri), possiede inoltre molti dei libri pubblicizzati sulle riviste fin qui ricordate: da Sanguineti ad Arbasino, da Eco all'antologia dei "Novissimi", il "Gruppo 63" e molti altri. Appena freschi di stampa erano suoi.
Allevata nel rispetto della produzione intellettuale, Paola Levi Montalcini - qui forse ingiustamente "tagliata" da un'inquadratura angusta - rivela attraverso i libri acquistati, ricevuti o scovati ai mercatini, molti aspetti della sua ricchissima educazione notata da molti (Fagiolo Dell'Arco 1983, p. 137); tuttavia alla sua biografia intellettuale manca un dato che non ritroviamo, che non possiamo ritrovare nei libri: una poetica del "negativo" un'enfasi sul senso di dolore e morte che non poteva giungerle da alcun testo. Una dimensione intima e precoce, infatti, che non collima neppure coi dati biografici. Questa dilaniante consapevolezza interiore di Paola resta invece segretamente scavata - più in fondo di dove cada l'occhio perfino della sua famiglia - nella propria memoria di ragazza, di donna e di artista; ed è anche questa dinamica fra correnti profonde e di superficie, questo pendolo composto agitato da forze concorrenti, ciò che rende restless (inquieto) anche quell'universo "da camera" che è la biblioteca-specchio di Paola Levi Montalcini.

Alexandre Alexeieff, "Animazione di un pendolo composto", da R. Benayoun, Le dessin animé après Walt Disney, Pauvert, Paris, 1961, p. 121



Bibliografia:
Giorgio Auneddu, Carlo Mollino: "Il rapporto con gli artisti", in Ida Gianell, cit., pp. 92-112
Giorgio Di Genova, Generazione primo decennio, cat. Biennale di Rieti, Bora, Rieti, 1986
Gillo Dorfles, Rita Levi Montalcini, F.lli Pozzo, Torino, 1962
Maurizio Fagiolo Dell'Arco, "Luoghi, persone tempi della ricerca artistica", in Ida Gianell, cit., pp. 128-147
Roberto Gabetti e Aimaro Isola con Benedetto Camerana, "Echi fuori d'Italia: architetture a Torino, 1950/1970", in Ida Gianelli, cit., pp. 128-147
Ida Gianelli (cura) Un'avventura internazionale - Torino e le arti 1950-1970, cat., Rivoli, Charta, Milano-Firenze, 1993
Rita Levi Montalcini, Cantico di una vita, Raffaello Cortina, Milano, 2000
Paola Levi Montalcini, Questo Novecento, inedito
Paola Levi Montalcini, "La continuità della spirale", in Marcolino Gandini, cat. Firenze-Roma, 1981
Francesco Poli, "Arte a Torino 1946-1947: qualche considerazione sul vecchio e il nuovo" [sic], in Mirella Bandini, Giuseppe Mantovani e Francesco Poli (cura), Arte a Torino 1946/1953, cat., Torino, Regione Piemonte, Torino, 1983, pp. 9-23
Francesco Poli, "Gli anni dell'informale a Torino", in Renato Barilli e Franco Somi (cura) L'informale in Italia, cat., Bologna, Mazzotta, Milano, 1983, pp. 58-65
Raymond Queneau, Segni, cifre e lettere e altri saggi, (trad. dal francese e introduzione di Italo Calvino), Einaudi, Torino, 1981
Pier Carla Richetta, "Presenza e adesione: il 'Movimento Arte Concreta' a Torino", in Francesco Poli (cura) Arte a Torino 1946/1953, cit., pp. 74-77


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