...un'immaginazione che unisce il delirio del matematico alla ragione del poeta.
(Raymond Queneau su Raymond Roussel, in Segni , cifre e lettere, nell'introduzione di I. Calvino all'ed. italiana, Einaudi, 1981, p. X)
![]() Paola Levi Montalcini | Tengo il biografismo un po' in disparte nello strumentario col quale mi avvicino all'opera d'arte, anche se so bene che l'opera contemporanea è contessuta di contingenza e che, oltre ad ammiccare all'eterno, segretamente o meno, essa costituisce anche il sintomo o l'impronta digitale della libertà del proprio autore rispetto a un milieu. Sia reale che virtuale, l'autore stesso potrebbe non essere che una "funzione" di un testo - stando a Foucault e Barthes - un testo animato e riempito di senso dalle generazioni e tipologie dei suoi lettori e dislettori. Gli pseudonimi, i nomi collettivi e i testi no-copyright tolgono sempre più peso alla ricostruzione biografica per quel tipo di autore senza corpo; un autore di cui si sono occupati spesso Borges o Perec. Proprio Paola Levi Montalcini, pur essendo stata un'artista esistente - a lungo e intensamente, con una modestia, si disse, assolutamente non incline all'insicurezza - non somiglia tuttavia a personaggi vissuti, ma a un protagonista Borgesiano. Sotto quest'insegna procede dunque questa mia ricerca di indizi sul lavoro di Paola Levi, da dentro la sua babelica biblioteca: un'artista che si crea non uno pseudonimo quanto un'identità di aumentata densità unendo, come la sua celebre gemella, il cognome materno a quello del padre.Aliena ai salotti ma non alle tendenze, assorbite attraverso studi assidui, abbondanti ed eterogenee letture, la sua crescente distanza dall'arena dell'arte, massima da quando si trasferì a Roma abbandonando la pittura e dedicandosi ad immagini di opposta natura, ha corrisposto alla sua inappartenenza alle frange combattenti della militanza, ma certo non a una distrazione dai suoi problemi e dai suoi dibattiti vissuti piuttosto attraverso saggi e testi, ma sempre "in tempo reale". Paola, riservatamente aggiornatissima, dovette questa sua assenza alla sua indole, più che a una premeditata voglia di cancellazione: certo dev'esser stata una scelta ponderatamente istintiva come, si direbbe, la gran parte delle sue scelte. |
Assidua, dicevamo, alle vernici delle mostre ma estranea alla carboneria delle neoavanguardie; spettatrice curiosa, intellettuale onnivora, Paola ovviamente sviluppa interesse per amicizie intellettuali: sia artisti come Cremona o Galvano che critici come Dorfles ma soprattutto Argan, costante nel convalidarne il rilievo e al quale la legava qualcosa che sfiora la devozione (nei sottolineatissimi testi arganiani posseduti da Paola sono conservati ritagli ed eco della stampa concernenti l'autore e le sue posizioni). Un sodalizio, quest'ultimo, in parte mediato dall'amico Albino Galvano, artista e scrittore organico al MAC torinese, conosciuto nell'accademia di Casorati in via Galliari a Torino, e che di Argan era stato compagno di studi (Di Genova 1986, p. 98 e Fagiolo Dell'Arco 1993, p. 137). L'acquisto di opere della Levi Montalcini da parte di Palma Bucarelli per la Galleria Nazionale d'Arte Moderna può ad esempio trovare riscontro nella funzione di suo "consulente" svolta da Argan. | ![]() Giulio Carlo Argan e Paola Levi Montalcini a colloquio all'apertura della mostra presso lo Studio Farnese con P. Portoghesi e V. Gigliotti, Roma, 1969 |
![]() Paola Levi Montalcini |
Ma veniamo allo scavo. Come si sa Torino guarda sistematicamente a Parigi e per uscire da un forte isolamento culturale - che pure piace a tipi come De Chirico il quale proprio presentando la pittura di Paola definisce Torino "la più misteriosa città del mondo" - negli anni '50 l'ex-capitale sabauda continua a orientarsi sulla stessa stella polare, non riuscendo a vedere il trasloco newyorkese dell'epicentro artistico. Emblema di questa miopia il rifiuto - politico - della municipalità torinese di esporre a Palazzo Madama nel 1948 la collezione Peggy Guggenheim (Verzotti 1993, p. 149). Come rimarca Fagiolo Dell'Arco 1993 a p.132, appunto da Parigi giungono a Torino conferenzieri di altissimo profilo come, a puro titolo di esempio, Paul Eluard e Jean Cocteau; proprio di questi autori abbonda la comunque straricca biblioteca della Paola torinese, insieme a una cospicua serie di testi sul e del Surrealismo. L'edizione originale del 1953 di Journal d'un inconnu di Cocteau per i tipi parigini di Grasset è, ad esempio, un testo molto sottolineato nelle parti teoriche relative all'invenzione artistica che scarta dalle convenzioni e opera necessariamente "salti" della cui difficoltà per il pubblico l'artista non deve farsi carico. |
Vi è poi in lei un coté simbolista che emerge da un gran numero di libri: Walter Pater, molto Oscar Wilde - si diceva - ma che in realtà rimbalza alla Levi Montalcini sia dalla vicinanza intellettuale di Albino Galvano "studioso di Jung, del simbolismo francese e dell'arte Liberty" (Poli 1983, p. 62) come anche dall'anticonformismo di Italo Cremona. Amico di Savinio e autore di imprevedibili ripescaggi barocchi, simbolisti redoniani e Liberty (Auneddu 1983, p. 100), Cremona è anche co-fondatore, col vecchio sodale Mino Maccari, della poco più che invisibile rivistina Circolare Sinistra, edita a Torino fra 1955 e 56 (Fagiolo Dell'Arco 1993, p. 134) e di cui si possono trovare disseminati in diversi luoghi della biblioteca di Paola vari numeri incentrati su Lautreamont, Jarry o sul Surrealismo. Di là dall'antimodernismo fra Dechirichiano e strapaesano, oggi magari sanzionabile, Circolare Sinistra resta all'evidenza dei fatti una "fanzine", si direbbe oggi, di assoluta e totale contagiosità, nonché ricca di spunti inediti, come gli oggi notissimi prodromi informali di Gustave Moreau pur se affogati fra liriche di Nietzsche e monografie su Huysmans. Nel testo Questo Novecento (v.) Paola ricorda una paradigmatica boutade antimoderna di Cremona: "la donna che vedi su "Vogue" e "Bazar" è uscita dalla mente di Burne-Jones" e in lei i molti libri sull'arte classica, ma soprattutto su quella antica e primitiva, oltre all'interesse per i frammenti archeologici, rispondono alle riflessioni sull'atemporalità fomentate dal Cremona. La Paola - ancora imbevuta dell'analisi della sua pittura fatta da De Chirico nel 1939 - ancora all'inizio dei '60 descriveva il proprio lavoro nei termini di "magico e spettacolare" (Dorfles 1962, s.p.) definizione in cui è incluso ogni sviluppo futuro e ogni influsso passato. | ![]() Gustave Moreau, "Fantasie" |
![]() Spasmo esofageo prima e dopo la somministrazione di Buscopan, da Spasmolisi nel radiogramma, Boheringer, Ingelheim, post 1955, fig. 3a-b |
Alcuni testi, poi, come il massiccio K. G. Clark, Ilford Manual of Positioning in Radiography del 1964, sembrerebbero volumi scientifici della sorella Rita, ma sono invece del tutto possesso di Paola. In particolare opere come uno Spasmolisi nel radiogramma, volumetto dei tardi anni '50 nel quale si considerano gli effetti del Buscopan stampando le radiografie su pellicole trasparenti, possono aver offerto spunti per lavori come i Montaggi su tela di pellicole trasparenti (una pagina è perfino tagliata e rimessa in loco). Testi simili convergono, insieme ad altri sulla poesia visiva straniera - come l'Hap Grieshaber, Poesia Typographica (1957) edizione numerata del 1962 edita dalla galleria Der Spiegel, Köln - e a cataloghi d'arte gestaltica e programmata, a esasperare gli elementi fra biomorfo e linguistico riducendo tutto a segno ipercontrastato: senza tonalismi, solo bianco e nero, sia esso un duodeno, sia esso un carattere tipografico. Ricca in questo senso la presenza di testi sulla comunicazione visiva del nostro secolo, come Graphic design: visual comparisons edito a Londra da Studio Books nel 1963 o il testo di Ernst Röttger e Dieter Klanter, Das Spiel mit den Bildelelementen - Punkt und Linie, Otto Maier Verlag, Ravensburg, 1964, che mette in chiaro per immagini l'origine Bauhaus dell'arte optical e gestaltica, nonché le tappe intermedie della derivazione da Klee del design svizzero. In quel libro oltre a potersi osservare i crossover fra alfabeti, segni astratti e immagini biomorfe, sono perfino prefigurati alcuni schemi compositivi dell'arte di Paola negli anni '60/70. Emergono poi a numerose monografie poderose su artisti e stili d'ogni secolo, vari testi sul cinema, la letteratura, il teatro, accanto a illustrazioni delle bizzarrie della natura (un Immagini strane della natura del 1951 edito dall'Ist. De Agostini, ad esempio, che non a caso apre con una nota epigrafe da Valéry: "Dipende da colui che passa, ch'io sia tomba o tesoro, ch'io parli o taccia"). |
Occorre infine ricordare, come fonti di aggiornamento, riflessione e spunto la collezione quasi completa di riviste come Il Marcatré, Il Verri e seleArte, quest'ultima - fondata nel 1952 da Carlo Ragghianti - si interroga, secondo le linee notoriamente tipiche di Ragghianti sul rapporto fra i mass-media e le arti, dichiarando di occuparsi di "Architettura, scultura, pittura, grafica, arti decorative e industriali e arti visive". Esempio della vastità di raggio di una rivista simile ne sia un numero del 1952 in cui sono analizzati i Plastici di Munari in rete di ottone (e vedremo le Reti di Paola molto più avanti), numero in cui, ancora, Max Bill spiega placidamente il suo concretismo e in cui compare un articolo del direttore appunto su "Radio e arti visive". | ![]() Alexandre Alexeieff, "Animazione di un pendolo composto", da R. Benayoun, Le dessin animé après Walt Disney, Pauvert, Paris, 1961, p. 121 |
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